Autore: Luciana SiottoLe icone della Deesis nella chiesa parrocchiale di San Frumenzio sono la reiscrizone di una Deesis
del XV secolo della scuola di Novgorod attualmente presente nel Museo dell'Edificio degli ex uffici del Cremlino di Velikij Novgorod.
La Deesis, situata nella nostra chiesa dietro l'altare, viene di solito posta, nelle chiese di rito
bizantino, greche, russe ed orientali in genere, sull'Iconòstasi.
La Deesis è quindi un “ordine” (fila)
dell' Iconostasi, parete di legno situata tra il Santuario, dove avviene la preparazione e la liturgia
dei Sacri Misteri, e la Navata, dove risiede il popolo di Dio ed insieme agli altri ordini costituisce un
insieme di icone che tutte insieme mettono in comunione i fedeli con i santi i quali alla presenza
del Signore celebrano la liturgia celeste ed intercedono per i vivi: da qui il significato del termine
Deesis che vuol dire proprio intercessione ed infatti tutte le figure sono con la testa reclinata verso
il Cristo in trono in segno di perenne preghiera.
Il modulo iconografico della Deesis è una creazione bizantina risalente al VII secolo
originariamente composta soltanto dalla triade del Pantokrator in trono, della Madre di Dio e di
San Giovanni Battista, triade che nella storia della salvezza rappresenta il tempo della Chiesa e
quello dell'escatologia cioè del ritorno definitivo di Cristo Giusto Giudice; soltanto con il passare
del tempo il modulo crebbe fino a sette, nove e più figure, assumendo la caratteristica attuale
composta da molte figure di santi soprattutto in ambito russo.
Le iconostasi russe sono caratterizzate da cinque ordini di icone sormontati da una croce:
L'ordine più in alto è quello dei patriarchi tutti raffigurati con cartigli srotolati contenenti testi
scritturistici che li identificano e rappresenta la Chiesa precedente alla Legge e quindi il periodo
veterotestamentario che va da Adamo a Mosè; al centro dell'ordine c'è la Santa Trinità ( di solito
quella dell'A.T. e cioè l'apparizione dei tre angeli ad Abramo e Sara alla quercia di Mamre).
Nell'ordine sottostante ci sono i profeti anch'essi con cartigli relativi alle loro profezie in rapporto
all'Incarnazione e questo ordine rappresenta la Chiesa, sempre dell'A.T., ma da Mosè a Cristo; al
centro delle icone dei profeti c'è l'icona della Madre di Dio del Segno.
I due ordini superiori rappresentano la preparazione della Chiesa neotestamentaria alla venuta di
Cristo, dell'Emmanuele, il Dio con noi, annunciata dal profeta Isaia e rappresentata dall'icona del
Segno: <<Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco una Vergine concepirà e darà alla luce
un Figlio, che sarà chiamato Emmanuele>> (Is 7, 14).
Segue l'ordine delle feste liturgiche: Annunciazione, Natività, Battesimo del Giordano, ecc. che
rappresentano il periodo della Chiesa neotestamentaria e quindi il periodo della Misericordia e
Grazia di Dio; le icone delle feste liturgiche variano a seconda dello spazio ma soprattutto a
seconda della liturgia della chiesa locale che le celebra e vanno da dodici a venti icone.
Infine, nell'ordine sottostante, c'è la Deesis che dà senso a tutta l'iconostasi, di cui parleremo più
approfonditamente.
Chiude l'iconostasi l'ordine “locale” rappresentato dalle icone della Madre di Dio a sinistra e da
quella del Pantokrator a destra e alle loro estremità le icone del santo o della festa liturgica cui la
chiesa è dedicata; al centro dell'ordine locale ci sono le Porte regali con l'icona della Cena Mistica
in alto, quella dell'Annunciazione sulle due ante della porta stessa e quelle dei quattro evangelisti;
infine le porte diaconali chiamate così per il passaggio dei diaconi durante le funzioni, a destra e a
sinistra della Porta regale, sulle quali sono le icone degli arcangeli Michele e Gabriele perché,
durante la celebrazione i diaconi svolgono il compito di angeli-messaggeri.
L'ordine più in basso , sopra le porte è quindi la Deesis ma, a questo punto, sarebbe meglio
chiamarla, insieme a tutti gli altri ordini, “theoria”( dal verbo greco ” teoreo”, guardare,
contemplare) perché è una fila di icone che suscitano la contemplazione, sia quella dell'uomo nei
confronti di Dio che, soprattutto, quella di Dio che con il suo sguardo d'amore contempla l'uomo
creato a sua immagine <<Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona>> (Gn 1,31).
La Deesis durante la celebrazione permette che la liturgia terrestre, quella che si svolge e si attua
in comunione con Cristo sull'altare, agisca in parallelismo con la liturgia celeste creando una vera e
propria Comunione dei santi; i santi raffigurati, qualora ci fossero, posizionati dopo gli apostoli e
gli arcangeli e in unione con loro, sono della persone attive durante il rito insieme ai fedeli:
la Deesis costituisce così la cerniera che permette alla terra di guardare e vivere il regno dei cieli
ed al cielo di contemplare ed agire per l'umanità ma è necessario che non vi sia alcun
protagonismo perché l'unico protagonista è il Cristo in trono che benedice gli uomini , dice cioè
che sono cosa molto buona e che con il vangelo in mano è l'unico interprete di Se stesso che porta
la notizia nuova agli uomini.
E' solo Lui a regnare, a Lui Dio Padre ha dato <<la gloria, l'onore e la potenza>> (Ap 4,11) << …le
sue perfezioni invisibili… [che] vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo
attraverso le opere da lui compiute>>, (Rm1, 20) perché Lui solo << è degno di aprire il libro e
sciogliere i sigilli>> (Ap 5,2) e questo onore lo ha ricevuto sulla Croce.
In Lui la misericordia si unisce alla giustizia ed il testo del libro, scritto nell'antica lingua paleoslava
(antica lingua slava ideata dai santi Cirillo e Metodio), recita:
<<Non giudicate secondo l'aspetto esteriore come fa la gente ma fate un giudizio giusto. Come voi
giudicate, Dio giudica . Secondo la misura con la quale voi misurate, voi sarete misurati>>.
Il giudizio di misericordia Gesù lo ha affidato dalla croce ai suoi fratelli che portano con Lui la sua
stessa croce.
Dal trono regna, protegge, provvede, guida e intercede presso il Padre. L'iscrizione in alto
sull'icona, anche questa in paleoslavo e obbligatoria in tutte le icone, significa appunto
Pantokrator: Colui che tutto regge e che contiene, che tutto giudica e ricapitola.
E' seduto su un trono tutto risplendente di luce taborica (la luce della Trasfigurazione sul monte
Tabor), sfolgorante di divinità (i raggi d'oro di cui è ricoperto) e tiene nella mano sinistra il Libro
aperto, simbolo della Rivelazione avvenuta, come sta scritto nell'Apocalisse: << Tu sei degno di
prendere il Libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo
sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di
sacerdoti e regneranno sopra la terra>> (Ap 5, 9-10); la mano destra è benedicente, secondo la
posizione orientale delle dita, ad indicare il suo monogramma: IC XC; e nel suo nimbo (aureola) si
afferma, con tre lettere greche, che è presente e sta “Colui che è”.
I suoi colori sono l'espressione visibile della sua doppia natura: la natura divina, il rosso, che
attinge il fuoco del suo amore dall'alveo trinitario e quella umana, il mistero dell'essere , il mistero
di questa Persona che contiene in sé il massimo della trascendenza ed il massimo dell'immanenza
rappresentati dal colore blu del mantello: ha rivestito della natura umana l'amore della divinità.
Il Vero Dio e Vero Uomo permette ed aspetta che la sua creatura possa diventare vero uomo e
vero dio.
Alla sua “destra sta la Regina”(Salmo 44,2), la Corredentrice, la Theotòkos, la Madre di Dio che lo
invoca in atteggiamento di preghiera: prega per tutti i suoi figli affinchè possano in questa vita
essere protetti, essere aiutati e raggiungano la divinizzazione; Ella continua nella Gerusalemme
celeste a lodare il suo Signore, a dire il suo eterno sì, a supplicarlo per tutti i suoi figli.
La sua umiltà è la sua regalità, espressa dalle frange dorate e dalle babbucce regali rosse, e la sua
grandezza stanno proprio nella sua totale obbedienza.
La sua tunica , dal colore blu-verde, manifesta il suo compito: in Lei, creatura, il verde , simbolo
della creaturalità, si mescola col blu, con lo stesso mistero dell'essere che ella ha concepito e
tessuto nel suo utero. Il mantello, dal colore morello, unisce il rosso, la divinità di cui si è coperta,
con il verde e con il blu: la divinità, scendendo nella natura umana ad opera dell'incarnazione, si è
unita ad essa permettendo la divinoumanità dell'uomo.
Alla sinistra di Cristo c'è San Giovanni Battista, l'amico dello sposo, << il più grande fra i nati di
donna>> (Mt 11,11) che, in tutta la sua umanità, manifestata dai colori giallo e verde, da semplice
creatura viene mandato davanti a Lui come messaggero che gli preparerà la via (Ml 3,1);
l'iscrizione lo segna come Precursore perché ancora oggi con la sua preghiera prepara la via alla
venuta di Cristo durante la celebrazione ma anche perché è, dopo la Madre di Dio, il primo “umile”
della storia cristiana: “Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a Lui. Chi possiede la
sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e lo ascolta, esulta di gioia alla voce dello
sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 28-30).
Giovanni Battista è accanto al Salvatore perché è stato, come dice la liturgia ortodossa, il
Somigliantissimo, colui cioè che ha cercato nella sua vita di somigliare il più possibile all'immagine
della Salvezza, all'icona del Figlio di Dio, annunciandola fino alla morte e aderendo così, con la sua
missione di annuncio pronunciato con alte grida, alla volontà di Dio su di lui. E' questo il motivo
per il quale forma , unitamente alla Madre di Dio, la vera triade della Deesis ed è anche per
questo che non si deve mettere nessun altro santo alla sinistra di Cristo in trono anche se fosse il
santo patrono della chiesa.
Potrebbero mancare gli angeli, i santi, i vescovi e potrebbe restare solo Cristo in trono con la
Theotòkos e San Giovanni Battista e sarebbe ugualmente una vera Deesis: chi ha permesso
l'Incarnazione e chi ha gridato la Salvezza invocano perennemente per noi Cristo Re di salvarci.
Per lo stesso motivo per il quale non si sostituisce San Giovanni Battista non si può mettere il
simbolo dell'agnello sul trono perché il simbolo deve sparire quando c'è la Persona incarnata di
Gesù Cristo, come afferma il Concilio di Nicea II del 787: la Realtà dell'incarnazione, la Reatà
Incarnata, non può essere sostituita da un simbolo senza rischiare di cadere nell'allegoria tanto
pericolosa per una confessione di fede che si basa su una Persona realmente esistita.
Il Pantokrator in trono è il Giusto Giudice della Parusia, della seconda venuta, quella definitiva, è il
giudice benedicente che giudicherà i vivi e i morti sulla base dell'amore ma che affida anche lo
stesso compito agli uomini.
Gli arcangeli, Gabriele alla sua sinistra e Michele alla sua destra, portano nelle loro mani un globo
con la scritta “Christos Dikaios Krites, Cristo Giudice Giusto”ad indicare il compito del Re: la
giustizia nella misericordia.
L'arcangelo Michele, di cui il profeta Daniele sottolinea la particolare autorità definendolo “uno
dei primi principi” (Dn 10, 21) è l'angelo preposto al popolo eletto; il suo nome significa “Chi è
come Dio?”; è il depositario dei segreti della Provvidenza e la guida per le anime verso il cielo; è il
grande combattente di Dio contro il principe delle tenebre e la sua luce e la sua forza sono
simbolicamente espresse dal mantello rosso, potente e ricco nelle pieghe.
L'arcangelo Gabriele è l'arcangelo dei lieti annunci; il suo nome significa “Potenza e Fortezza di
Dio”; è il messaggero dell'entrata di Dio nel mondo attraverso il mistero dell'Incarnazione: a
simboleggiare il suo servizio e la sua vicinanza all'umanità di cui è servitore è il mantello dalla
tonalità azzurra molto vicina al blu della meravigliosa trascendenza ed immanenza del mantello di
Cristo; è colui che ci insegna a fidarci di Dio: il suo è un messaggio di fede e, unitamente al
messaggio di salvezza di cui Michele è il portatore, trasmette all'umanità, lì dove Dio lo ha
assegnato, la Trinità : Michele e Gabriele ne sono la seconda luce spirituale.
Chiudono la Deesis di San Frumenzio San Paolo a destra e San Pietro a sinistra portanti
rispettivamente l'emblema del loro compito: il primo, il Vangelo da far conoscere e consegnare a
tutti ed il secondo, le chiavi del Regno (Mt 16,19); ma San Pietro tiene nelle mani anche un rotolo
scritto dentro e fuori (Ez 2,9): consegnato dalla rivelazione di Dio al profeta Ezechiele, viene
affidato alla Chiesa, al regno dei viventi e Pietro lo tiene chiuso come fosse un piolo <<lo
conficcherò come un piolo in un luogo solido e sarà come un trono di gloria per la casa di suo
padre>> (Is 22,23).
La Deesis, dice Pavel Evdokimov << E' la chiesa in preghiera, è la “follia della carità” che intercede
per coloro che sono giudicati. La parola giudica, ma la Sapienza suprema del Cristo-Vescovo
conferma la giustizia e la misericordia e anticipa il secondo significato della medesima icona: le
Nozze dell'Agnello. La Theotokos, la Sposa, figura della Chiesa, e Giovanni, l'amico dello sposo, ci
invitano alla gioia perfetta del Regno>>.
Ci invitano oggi, qui, ora, durante la celebrazione, e sempre, durante la celebrazione della nostra
vita.
Prof. Luciana Siotto
Iconologa ed iconografa