Autore: Luciana Siotto
Cristo incarnato è il fulcro in cui convergono tutte le linee del cosmo. Le immagini più antiche della Natività mettevano in evidenza, al centro, la culla di Gesù.
Ma dal sec. VI vene progressimavente realizzato un mutamento nella composizione del quadro. L'icona diviene decisamente mariana e la
Theotókos (greco: "Genitrice di Dio") occupa il posto principale.
I Magi sono simbolo dell'umanità alla ricerca del Paradiso perduto, dell'ascesa della mente umana verso Dio. L'angelo è testimone della presenza di Dio, ma ce n'è anche un altro che ha lo sguardo rivolto verso i pastori e comunica loro che è inutile sforzarsi per salire sul monte. È giunta l'ora infatti in cui Dio stesso scende dall'alto. Bisogna semplicemente essere puri di cuore per vederlo (cf
Mt 5,8).
I dubbi di San Giuseppe, tentato dal diavolo sotto le spoglie del pastore, sono raffigurati nell'angolo sinistro della scena e rappresentano le eterne esitazioni di tutti noi.
Al contrario, le due sagge donne che nell'altra parte dell'icona lavano il neonato sono pronte, secondo le narrazioni apocrife, a rendere testimonianza alla nascita verginale di Cristo, venuto al mondo come uomo. Esse inoltre, lavando il bambino (dato che ogni uomo, appena nato, viene lavato), testimoniano che Gesù è vero uomo.
La grotta ha la forma di una tomba, la culla è un sepolcro e le fasce del bambino sono quelle di un morto. Gesù è nato per morire. Il volto della Madre, benedetta fra tutte le donne, è pieno di tristezza.